BREVI RACCONTI DAL PASSATO - EPISODIO VI
Quella sera suonò il campanello, andai ad aprire: era Mario. Si presentò con un borsone, la cassetta degli attrezzi da falegname, e 12 lt di Barbera + 4 lt di Nebbiolo + 2 lt di vino speciale della raccolta sua personale + 1 bottiglia da 1 lt di grappa ereditata dal nonno Alpino, da aprire nelle grandi occasioni. Nel borsone c’era un pentolone con del sugo ai funghi porcini, tagliatelle fatte in casa, porcini con carne a pezzi. E, sontuosa conclusione, un altro pentolone con della “Bagna Cauda.” talmente “strong” da fare risvegliare tutti i gatti del cortile che, in un attimo, ci trovammo lì, a gironzolare eccitati sotto il nostro balcone, a miagolare attirati dall’intenso odore di acciughe ed aglio. Quell’odore, se così si può definire, non avrebbe lasciato la casa almeno per una settimana..Tenace, come le impronte violacee del vino che lasciavano i fondi dei bicchieri posati sui ripiani di legno di tavoli, sedie ed altro.
Festeggiammo il trasloco in quel nuovo alloggio di cui Mario era il proprietario. Trasloco forzato da un altro suo alloggio, con le pareti ormai riempite di murales che simulavano gli interni di una nave con tanto di oblò - vista sul mare-, ritratto del capitano etc. etc... Da lì Mario ci aveva letteralmente sbattuti fuori, approfittando di una nostra assenza per mettere tutto quello che era nostro dentro scatoloni e portarlo via…Lui aveva questo “simpatico” modo di fare.. Si giustificò dicendo:- Mio figlio si sposa, avevo bisogno dell’appartamento-.
Debbo dire comunque che, nel cambio, allo stesso prezzo, ci era andata bene: l’alloggio era grandissimo, c’era anche un grande soggiorno dove poter suonare. Mario mobiliere, ex partigiano, aveva suonato in giro (quando glielo consentivano..) per le balere del Piemonte e prediligeva il repertorio classico fatto di Standards, Ballads, qualche tango, molta mazurca. Amava il modo di suonare il sax di Coleman Hawkins.
Dopo cena, ci spostammo in soggiorno, e lì Mario estrasse dalla cassetta degli attrezzi il suo Clarinetto, scelse un’ancia fra le numerose sparse tra chiodi e bulloni, la inserì nel bocchino, accordammo gli strumenti, per quel che fu possibile, e partì con un disperato Saint Louis Blues..Io e Silvio lo seguimmo per tutta la notte con due chitarre, fin quando si esaurì, insieme al repertorio, tutto quello che aveva portato, compreso il vino della raccolta personale, che aveva una densità molto vicina a quella dello sciroppo e la grappa del nonno che uccise completamente le nostre ultime risorse mentali..
Per casa gravitavano studenti, musicisti, insegnanti, pittori e qualche topo di notte. Dentro c’era una fitta nebbia.. Alcuni di loro si fermarono a dormire, altri andarono via forse in qualche locale a bere, forse a gironzolare senza meta nell’attesa di schiarirsi le idee. Arrivò con il giorno il sabato ed insieme, Fausto che era venuto per lavare la sua “Lambretta” e mangiare a sbafo. Faceva il postino, ma non ci ha mai portato una lettera, una cartolina, un vaglia postale. Aveva portato finalmente una bottiglia di vino che quella volta bevve tutto da solo.
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